
Ultimamente sembra che nel campo delle produzioni di musica elettronica e di elettronica sperimentale si stia facendo largo la tendenza a realizzare veri e propri studi su strumenti singoli. Photay, Laurence Pike, Chiminyo sono tutti e tre percussionisti/batteristi che nelle loro produzioni hanno programmaticamente messo le percussioni al centro della musica, fino a saggiare le potenzialità di strumenti ritmici usati anche per creare melodie. Il synth, alla base di tutta una Synth Reinassance, è già protagonista solitario e indiscusso di alcuni album (Hot Pots di Correlations ma anche Cantus, Descant di Sarah Davachi). Altri stanno saggiando nuove strade e nuovi percorsi per la chitarra (Noveller, Wendy Eisenberg). Un quarto filone può essere quello che mi pare si stia creando attorno alla voce, con dischi come Fountain di Lyra Pramuk, Voices di Lauren Doss, e questo 8 dell’argentina Morita Vargas.
In realtà quello di Morita Vargas è un disco del 2018, uscito inizialmente solo su Bandcamp, ripubblicato per la prima volta su vinile lo scorso settembre da Hidden Harmony Recordings, che al formato digitale (migliore forma di trasmissione delle informazioni) aggiunge il formato fisico (migliore forma per la conservazione della musica intesa come bene culturale). Si tratta di veri e propri esercizi vocali, originariamente registrati sul telefono a partire dal 2014, e solo successivamente arricchiti di strumenti musicali (tastiere, ma anche molti strumenti a percussione come kalimba, tamburelli, chajchas e cajón) e, soprattutto, quando è passata dal microfono del telefono a Ableton, rilavorati con filtri e rimaneggiamenti sulla voce usata sempre più come strumento che per cantare versi, strofe e ritornelli.
L’8 del titolo ha un significato ben preciso in numerologia, indicando l’8 la transizione tra cielo e terra, o un momento di metamorfosi, di trasformazione e creazione ciclica. Morita Vargas nelle dieci tracce di 8 riesce a crearla quella metamorfosi: la voce diventa strumento, e come gli altri strumenti viene processato, filtrato, amplificato, tagliato, ricucito, equalizzato, insomma, trattata come un qualunque altro strumento musicale in studio di registrazione. In altre parole, la voce subisce una metamorfosi e da strumento di emissioni fonetiche diventa strumento che crea suoni.
Su “Bernisa” la voce è ancora un’assenza, dietro loop di percussioni e tastiere che sembrano derivare da certi codici evolutivi già iscritti nelle ultime fasi di certo kraut già al confine con la new age (zona Future Days dei Can, per intendersi), ma già “Paitice” è costruita usando quasi unicamente la voce, in un mosaico di riverberi, loop, sospiri, effetti doppler e tutto quanto può servire per costruire, anzi, evocare dei soundscape solo per mezzo di vocalizzi. “Deysa” e “XOXOXOXO” recuperano la tradizione sudamericana più intima e vera, “Garganta” si lega più a temi futuristici e percussioni mentre “Devonte” è tra tutte le tracce quella che riesce a mimare in modo più convincente le strutture di una canzone pop senza però mai cadere nella rassicurante banalità del pop.
La voce che è al centro di molte di queste composizioni, è anche la prima e unica espressione dell’io di Morita Vargas, che attraverso suoni e manipolazioni riesce a comunicare la propria intimità, pur “cantando” versi costruiti su principi di glossolalia e quindi totalmente privi di significato nel senso più logico e occidentale del termine (tecnica usata anche da Lucrecia Dalt di recente). “Quando si trattava di comporre,” dice Morita Vargas, “mi sono resa conto che ogni volta che cantavo inventavo una lingua che non esisteva, ed è così che registravo tutte le mie canzoni: tutte in una lingua immaginaria. C’è un mondo onirico, botanico e magico attraverso il quale sento di viaggiare quando metto insieme una canzone, è come un viaggio che mi imbarco e non so mai dove finirò.”
Riuscire a comunicare, a raccontare qualcosa persino, usando lallazione che non arriva nemmeno a essere chiacchiericcio è la migliore testimonianza di quanto la voce, usata come strumento sonoro, sappia essere comunicativa.
