
Guardo sempre con un certo interesse la musica francese di produzione indipendente, insieme a quella tedesca una delle poche a raggiungere una certa universalità pur restando squisitamente francese. E è una scena molto varia: dagli stereolabismi di Juniore, Tapeworms e Astrobal, al synth-pop di Le goût acide des conservateurs al pop barocco di Odessey & Oracle. I Sinaïve, quartetto di Strasburgo formato da Calvin Keller, Alaoui O., Raphaëlle Albane e Alicia Lovich, riescono a prendere la tradizione psichedelica iniziata con i Velvet Underground, rimodulata in Germania dalla triade Faust-Neu-Can e sfociata poi nel noise e shoegaze degli anni ’80 e ’90, da Spacemen 3 a My Bloody Valentine. Tutti riferimenti quasi d’obbligo per descrivere i Sinaïve, e basti sentire il loro primo singolo “Enfant Divin,” corredato sul lato B di una cover destrutturata di “Jennifer” dei Faust.
I loro primi due ep autoprodotti (Poptones, Tabula Rasa) e il primo album anch’esso autoprodotto Révélation Permanente Bootleg. continuano su quella strada, raffinano uno stile, prendono le misure per un rock che è ormai più un’attitudine, un’intenzione, che un genere. Le litanie velvetundergroundiane continuano su pezzi come “Celui qui est,” mentre le tendenze verso un kraut in predicato di diventare shoegaze sono palpabili su “Immobile” (entrambi da Poptones). Kraut che viene reso più pop, arioso e “francese” su pezzi come “Tabula Rasa,” e che su pezzi come “Mademoiselle” si avvicina a Slowdive e Ride, o ai meno conosciuti Loop.
I Sinaïve non hanno mai nascosto le loro radici, anzi le hanno orgogliosamente dichiarate e esibite sulle cover contenute sulla cassetta “Reprise Party” (“festa di cover” in francese), allegata alla fanzine Langue Perdue: cover di Velvet Underground, Kraftwerk Birthday Party, ma anche nomi inaspettati come la “Move on Up” di Curtis Mayfield trasfigurata in “Mont Olympe,” accanto a esempi francesi come Diabologum e lo chansonnier Alain Baschung.
Ma è comunque con questo Dasein che raggiungono la loro maturità estetica, primo ep prodotto da Buddy Records. La formula è sempre la stessa: prendere un genere non nella sua forma statica, ma nel suo processo di formazione e continua trasformazione, e renderlo fresco, attuale, adatto anche a chi è abituato a sonorità e strutture della musica del nuovo millennio. Impresa non facile, e non sempre riusciuta in passato (la pur apprezzabile “Élégie (mur du son)” su Révélation Permanente Bootleg ricorda troppo da vicino i Velvet Underground, così come “Sinaïve (#13)” i Can), ma quando l’impresa riesce troviamo generi ormai invecchiati che riescono a suonare nuovi. “Paradoxe Française” è noise dub, con le chitarre affilate dei Sonic Youth di “Teenage Riot” e le derive electro dei Tortoise. “Syndrome de Vichy” è l’anello che lega il frontman Calvin Keller alla tradizione degli chansonnier francesi tipo il già citato Alain Baschung o Gérard Manset, suo amore mai nascosto a dire il vero, e basti sentire la cover di “Perce-Niege” contenuto su Reprise Party, e “Masse Criticque” si muove lì dove gli Stereolab si fermano prima di arrivare alle melodie del pop giapponese. “Eternal Retour” sono gli Hüsker Dü rinnovati con sonorità dei No Age e “Avec Elle” lega lo shoegaze a certo psych-folk dal vago sapore west-coastiano.
Con Dasein sembra proprio che i Sinaïve abbiano raggiunto una loro maturità, hanno progressivamente abbandonato citazioni dei loro punti di riferimento per approdare a un sound personale e a modo suo originale, le citazioni filosofiche (sempre presenti nel loro repertorio) si fanno meno pretenziose e tutto ora sembra girare nel verso giusto. Accanto a esempi d’oltreoceano (vedi il catalogo Kranky), la rielaborazione dello shoegaze degli anni ’80 e ’90 sembra continuare anche in Francia, e in modo piuttosto convincente.
