
Di o dei Craven Faults non si sa nulla. Non si sa chi siano o quanti siano. Si sa che in un’intervista ha/hanno detto che l’anonimato ha di brutto che quando fai un disco nuovo non puoi andare a dare la notizia sui social, e ha di buono che non devi andare a dare la notizia sui social. Un po’ di social però la misteriosa entità Craven Faust lo usa, e se si va dare un’occhiata al suo account Instagram si nota l’assenza di qualunque forma di vita umana, ma solo synth, farfisa, strumentazione elettroniche varie, accanto a immagini della brughiera inglese, presumibilmente lo Yorkshire, vecchie fabbriche dismesse, strade vuote, pali, voltimetri, ingranaggi. È un’estetica che ritorna nei dischi finora licenziati. Tre ep—Netherfield Work, Springhead Work e Numroyd Works—e un album uscito quest’anno per The Leaf Label, ossia questo Erratic & Unconformities che sembrano voler descrivere a suoni la desolazione di luoghi una volta industriali della patria dell’industrializzazione europea, ora ridotti a silente archeologia di un mondo quasi estinto.
Strumenti musicali usati come attrezzi di lavoro, macchinari, in parte azionati da esseri umani, in parte in quella zona grigia tra meccanizzazione e automazione: MU System Modular, Kork ES50 Lamba, Elka Sidekick 32, Sequential Circuits Drumtrak e altre drum machine, e una pletora di effetti, riverberi e filtri. L’elemento umano è presente ma appena percettibile, come l’identità di Craven Faults, che se spogliata anche dal suo contesto temporale (il 2020), potrebbe passare tanto per un musicista elettronico degli anni ’70 o degli anni ’80 o degli anni ’90, o del nuovo millennio e essere comunque un esempio di originalità e grande creatività, cosa questa che rende Craven Faults una specie di entità sovrastorica, trascendente e immanente allo stesso tempo, una creatura che si nutre di sedimento sonoro per produrre contemporaneità.
L’entita Craven Faults crea i suoi suoni in una ex-fabbrica tessile (questo si sa) e crea elettronica dai sapori vintage, sound design, qualche sfumatura ambient, una filigrana kraut che descrive gli spettri fumosi e quasi atavici della seconda rivoluzione industriale quando siamo alla vigilia di una fine del mondo promessa. Tutto inizia con l’incedere minaccioso e inesorabile dei diciassette minuti di “Wacca Wall,” una specie di esperimento di automazione aleatoria, in cui le “macchine” vengono avviate e poi lasciate tessere ritmi e melodie da sole. Su “Slack Sley & Temple” si tocca la drone music ma in un contesto estremamente dilatato, pulito, quasi narrativo, mentre su “Deipiker” ci si avvicina a certo Kraut elettronico di prima generazione, più gli Harmonia che i Kraftwerk. Lo stato d’animo dominante è quello della sospensione: una rassegnazione per qualcosa che era e che ancora aleggia, come un fantasma tra relitti e rovine, e che ha assunto il tono inquietante e triste di una cosa morta che sai non tornerà mai.
Erratic & Unconformities è l’anello di congiunzione che lega i primi esperimenti concettuali sulla musica aleatoria di John Cage e le ultime affascinanti applicazioni delle AI all’elettronica a opera di Grimes o dell’eccelsa Holly Herndon. Suoni vintage per un nuovo futurismo elettronico.
I commenti sono chiusi.