Wordcolour è Nicholas Worall, che da Milton Keynes finisce prima nell’etichetta catalana Living Records, con la quale realizza Tell Me Something la scorsa estate, e ora torna a Londra dove ha appena rilasciato questo suo secondo Ep, Juno Way, che esce per Houndstooth di Rob Booth and Rob Butterworth, etichetta di East London che da sempre ha avuto un occhio di riguardo per la club music nella sua duplice veste di musica popolare e musica che guarda in un certo senso ai territori della sperimentazione elettronica. Già col precedente Tell Me Something Worall si è divertito a manipolare elettronica di consumo e tecniche di produzione vicine all’avanguardia, innestando su delle strutture sonore chiare e semplici dei cut-and-paste presi da voci trovare, rumori concreti, detriti presi da filmati nascosti nell’etere virtuale di internet.

Juno Way riprende quella strada in tre tracce che dialogano con un passato tagliuzzato e resuscitato sotto forma di ricordo. Curioso come questo ep si muova sulla stessa falsariga altri dischi recentissimi, ossia Time Together (Hues and Intensities) di Susannah Stark e Untold di Sophia Loizou, pubblicato quest’ultimo sempre da Houdstooth il mese scorso. In tutti e tre questi dischi è presente il sedimento della tradizione elettronica britannica, quella di Bristol su Untold, quella della Second Summer of Love su Time Together e quella della club culture londinese su questo Juno Way. In tutti e tre questi dischi non è il passato che dà senso al presente, ma il presente che trova un nuovo senso per un passato ormai scomparso se non quasi dimenticato.

L’opener “Breathless” parte subito con un tributo alla techno britannica, ma tutto viene tagliato, mescolato, ricucito, quasi a ridare una nuova forma a un vecchio contenuto. A tratti ricorda i lavori solisti di Zammuto, ma dopo due minuti (2:25 per la precisione) si è catapultati in uno strano mondo di jungle, drum’n’bass e techno deostruite e separate, come se volesse convivere su tre linee parallele in un nuovo mondo. “Juno” è un gioiello che vive esattamente a metà strada tra il minimalismo di scuola classica (pensa a Steve Reich, ma anche a Board of Canada) e la fase chill-out di un rave techno. Se “Breathless” ricordava alcune cose soliste di Zammuto, i primissimi secondi di “Juno” rimandano ai Books più distesi di No Way Out, ma “Juno” è una vera e propria montagna russa che non si ferma mai tra aperture melodiche e manipolazioni ritmiche. “I Waited for You This Morning” è la traccia che forse si lega maggiormente al cut-and-paste del precedente ep: qui un tappeto glitch viene addomesticato in una linea melodica ora ariosa ora rumorista. Ancora viene in mente una versione rimodernata dei Books.

La musica elettronica degli anni ’90, dance o sperimentale che sia, sta rivivendo una sua seconda giovinezza, una rinnovata linfa, ma senza essere l’esempio di una fastidiosa nostalgia. Su Juno Way, ma anche sui sopra citati Time Together e Untold) non c’è nessuna celebrazione di un passato morto, ma un presente che spende l’eredità ricevuta e conferisce una nuova veste e un nuovo significato a una tradizione ormai sedimentata.