
Ora è piena hype, e si è creata l’illusione condivisa che quest’hype con tanto di copertura mediatica capillare fosse già in atto da qualche anno, e invece fino a un paio di settimane prima dell’uscita di For the First Time gli spazi mediatici dedicati ai Black Country, New Road erano davvero pochi, giusto un paio di articoli di The Quietus, che sì, li aveva prontamente definiti “la miglior rock band del mondo” senza però creare nessuna eco. Personalmente sono inciampato nei BCNR un paio di anni fa tramite YouTube, quando l’algoritmo ha sommato due più due e da un video dei Black Midi mi ha spedito in mezzo a una versione live di “Athens, France,” da lì ci è voluto veramente poco perché diventassero uno dei miei gruppi preferiti, anche se non avevano fatto ancora neanche un disco.
Lentamente scopro che pochi mesi prima i Black Country, New Road si chiamavano Nervous Conditions e erano lì lì per realizzare il loro primo album (pare lavorassero con Brian Eno, e comunque si trova una versione demo da qualche parte nel web), ma le accuse di abusi sessuali rivolte al frontman Connor Browne hanno fermato tutto. Fortunatamente la bassista dei Nervous Conditions prima e dei BCNR ora è Tyler Hyde, e fortunatamente è figlia di Karl Hyde degli Underworld, che sempre fortunatamente è riuscito a tenere insieme il gruppo. Isaac Woods da chitarrista diventa anche cantante, si aggiungono un secondo chitarrista (Luke Mark) e una pianista (May Kershaw), Isaac compulsando col generatore automatico di pagine di Wikipedia finisce sulla pagina dedicata a Black Country, New Road (una strada che taglia le West Midlands) e realizza che è il nome giusto per un nuovo inizio dopo un momento buio. Da qui tutto procede liscio e veloce: i primi concerti al Windmill di Brixton, entrano nel vivaio Speedy Wunderground (black midi, scotti brain, Squid) e in men che non si dica finiscono per fare uno dei dischi più belli dell’anno per ninja tune, curiosamente un’etichetta più orientata verso l’elettronica che verso il rock (curiosità doppia se ci mettiamo che anche gli Squid esordiranno a breve con un disco rock per un’etichetta elettronica, Warp).
For the First Time è senz’altro il miglior manifesto per l’alternativa all’ondata di post-punk a misura di mercato che sta spargendosi a macchia d’olio in Inghilterra, e non solo per il vivaio Speedy Wunderground, ma anche di altri esempi come Gary Indiana, Drahla e Happy Couple. Qui non si trova il post-punk post-Fall addolcito e levigato, ma il diretto discendente del post-rock di prima generazione degli Slint, citati sia nel testo di “Science Fair” (‘fled the stage with the world’s second best Slint tribute act,’) che su “Athen’s, France” che riprende e cita verbatim lo stacco di “Breadcrumb Trail” (min. 1:30). Ma non solo: i Black Country, New Road riescono a amalgamare perfettamente sette diverse personalità e a creare un suono che tanto si ciba della tradizione post- e math-rock (Slint, June of ’44, Jesus Lizard) quanto la arricchisce e rimodula, mescolandola con l’attitudine classica della violinista Georgia Ellery (già nei Jockstrap) e della pianista May Kershaw e con l’impronta free-jazz e klezmer di Lewis Evans.
L’esperienza quasi da incubo raccontata su “Science Fair,” l’alienazione solipsistica di “Sunglasses,” il cinismo contemporaneo di “Athens, France” bilanciano perfettamente i momenti più accorati, come la bellissima “Track X,” forse il pezzo in cui l’impeto di una band che si è definita come “un gruppo pop intrappolato dentro il guscio di un gruppo rock” si fa da parte, e dà risalto al dialogo classicheggiante tra il violino di Georgia Ellery e il piano di May Kershaw. I continui riferimenti alla cultura popolare e al loro ambiente (su “Track X” si citano Jerskin Fendrix e i black midi, compagni di etichetta il primo di vivaio i secondi, ma si citano anche Richard Hell, Kanye West, Scott Walker, Fonzie, in un pezzo non incluso nell’album Charlie XCX) creano un gioco di contrasti tra cultura alta e cultura bassa e tra ironia e sincerità che Isaac Woods ha saputo riprendere da scrittori come Vonnegut e Wallace, ma è nella lunga chiusura di “Opus” che forse i Black Country, New Road riescono appieno a unire la loro personalità alle influenze dichiarate nelle altre cinque tracce, e a dimostrare che si può ancora fare un disco rock abrasivo e autentico senza dover per forza stare sotto i quattro minuti per traccia.