Tutto è nato con l’Immex Ensemble che commissiona sei pezzi al musicista elettronico Andrew PM Hunt, aka Dialect. Hunt rilavora e continua a rielaborare quelle sei composizioni, fino a spingerle più a fondo che può nei territori ibridi tra due mondi diversi: quello della musica classica, ariosa, acustica e collettiva e quello dell’elettronica intimista, individualista e sintetica. Il risultato è il disco forse più intimo e rappresentativo di Dialect. A partire dal titolo, Under~Between, che indica una contrapposizione dialettica, come da moniker: qui tra due approcci, tra qualcosa di esterno e separato, e qualcosa di interno e intimamente connesso a altre cose.

Non sarà difficile ritrovare qui il mondo che fu creato, almeno in gran parte, da Harold Budd, ma non sarà nemmeno troppo complicato trovare le stesse dinamiche di dischi recenti, come l’eccellente The Blue of Distance di Elori Saxl—anche quello nato da alcuni brani commissionati a Elori Saxl da un ensemble di musica classica (Mind on Fire di Baltimora), e anche quello un disco che mostra una compenetrazione tra musica acustica, suonata collettivamente, e i rimaneggiamenti del lavoro individuale di chi fa elettronica sperimentale. O come il superlativo Promises dove Floating Points mescola la sua elettronica sintetica ai mondi acustici e umani della London Symphony Orchestra e di Pharoah Sanders.

 “L’ibridazione è il mondo in cui le cose cambiano nel tempo,” ha detto Hunt in un’intervista, e un ibrido tra mondi diversi e tra suoni appartenenti a mondi differenti mostra i limiti della logica binaria. Nella stessa intervista Hunt continua osservando come “la musica può essere un cavallo di Troia incredibilmente efficace perché cerca spesso di costringerti a guardare il mondo con occhi diversi.” E tracce come “An Archipelago,” costruita su tonalità mediorientali, le asperità vicine a certa classica contemporanea di “Yamaha Birds 1” che sfocia negli intarsi melodici di “Flame Not Stone,” o ancora il crescendo minaccioso di “Ringing the Web” che chiude il primo lato, o l’avvolgente “Sentimental, Sedimentary” mostrano appieno come solo fondendo diversi approcci si possa arrivare a qualcosa di nuovo. E di magicamente bello.