
Ambient, New Age, Soundscape, elettronica variamente sperimentale:sono tutti generi musicali spesso bistrattati da chi della musica ha una visione gretta, ma sono generi che hanno vissuto un grande risorgimento nel corso degli ultimi due sventurati anni. Tanto da diventare spesso un “balsamo lenitivo per questi tempi difficili” (e invero album ambient che in qualche modo hanno cercato di raccontare o esorcizzare la pandemia ce ne sono stati anche troppi). In parallelo al risorgimento ambient c’è stato una rinascita del synth e della musica per synth, ben documentato dallo splendido documentario Sisters with Transistors lo scorso autunno: una rassegna delle pioniere del sintetizzatore come Pauline Oliveros, Delia Derbyshire, Laurie Spiegel e Suzanne Ciani.
Proprio Suzanne Ciani è al centro di Milan, disco che la vede collaborare con Alistar Fawnwoda e con Greg Leisz e che in più di un senso unisce risorgimento ambient e rinascimento del synth. Un disco del genere non poteva che essere realizzato sotto la regia di Alistar Fawnwoda, artista multimediale, avvezzo come pochi a mescolare arti e linguaggi, e è forse rappresentativo dell’ethos dell’etichetta losangelina AKP Recordings che lo pubblica, dichiaratamente impegnata a “affrontare l’ignoto attraverso la musica sperimentale e l’arte visiva.” E se vogliamo, altro tassello che dimostra quanto la West Coast ormai sia una fucina di ambient, elettronica sperimentale, new age e affini, tra etichette come Moon Glyph, Leaving Records, Not Not Fun.
Qui passato e presente si incontrano e si aiutano a vicenda proprio per fare luce su quell’ignoto che spesso spaventa. La Pedal steel di Greg Leisz dà un tocco terreno a tutto, fin dall’abbrivio di “Night Bunny,” giocando in un botta e risposta con i field-recordings e col synth pieno e minaccioso di Suzanne Ciani. Lo stesso synth rompe subito i primi accordi celestiali di “Sweetheart,” forse la traccia che si lega più alla new age, e si ritaglia un ruolo da protagonista nella più tenebrosa “Delayed.” “Leopard Complex” stempera i toni in una ballata dilatata e malinconica per chiudere tutto con il crescendo armonico di “Snow Ritual.”
Ciani e Leisz sanno dialogare tra loro, ma soprattutto sanno mettersi al servizio dell’intelligente direzione di Fawnwoda, evocando la più recente musica ambient che confina con esperimenti di classica moderna, tra Mary Lattimore e Oliver Coates, ma anche caposaldi del genere come gli album più astratti di Brian Eno o Laraaji. Milan suona bucolico e consolatorio, unisce field-recordings, folk bucolico, ambient e droni di synth senza che nessun elemento sovrasti l’altro, e in modo che tutto si armonizzi in una new age più pastorale che spirituale.