Dici Philadelphia e dici una delle scene musicali indipendenti più varie e interessanti, dal noise-pop degli Empath al rock grungettoso dei Mannequin Pussy, dal punk viscerale dei Control Top alla neo-psichedelica degli Spirit of the Beehive. In quota più squisitamente indie-pop ci sono gli Zinskē di Chris Lipczynski, chitarrista e cantante con un passato nell’advertising e un futuro nel songwriting di qualità. 
Se l’ep Screw the Golden Years mostrava un suono ancora grunge e vicino all’indie-rock di casa Exlploding in Sound (Ovlov), l’appena uscito e più corposo Murder Mart è un vero e proprio canzoniere che raccoglie un po’ tutti i dialetti del rock indipendente da fine anni ’80 a primi anni ’20.
Nell’iniziale “Disappearing in Yucca Valley” si sentono già echi shoegaze, e qui forse è più marcato l’apporto della bassista Emily Cahill, attiva anche come Isuelt, che invece in tracce come “Keno” e “Honeycreeper” preme più sull’acceleratore per confezionare due piccole gemme dal sapore Kim Deal-iano. Altrove si sentono più rimaneggiamenti del pop-rock di Weezer e Green Day (“Freon Dumb” e “Horseface Joey”), fino a aprirsi in pop-banger à la Blur su “Ortolan Sung” e “Power Con” e concludere con una coda slacker-rock Pavementiana come “Tv Guide to the Spirit World.”
Murder Mart racconta i tempi malati che stiamo vivendo, dove il mondo è diventato un mega-centro commerciale dove vengono svendute individualità, libertà e giustizia sociale, e lo fa con una manciata di canzoni agrodolci, ironiche e accattivanti.