
Confesso di aver fatto molta fatica a entrare dentro questo disco, più che altro perché nelle prime settimane del primo anno (si spera) post-Covid sentivo più il bisogno di tonalità maggiori e bpm. D’altronde questo Fire’s Hush non è certo un disco facile, ma è sicuramente un disco che ti ripaga generosamente per ogni difficoltà tu possa incontrare avventurandoti tra i suoi solchi.
Dunkelpek è la crasi tra i nomi dei due componenti del duo, la percussionista di origini giapponese Nava Dunkelman e il chitarrista americo-canadese Jakob Pek, e Fire’s Hush è letteralmente il risultato di quella crasi. Le otto tracce mescolano e amalgamano alla perfezione l’approccio dinamico e percussivo di Dunkelman con l’ispirazione armonica e timbrica di Pek in un percorso che va dal minimalismo al free-jazz, dalle improvvisazioni a forma libera a episodi classicheggianti fino a passare in rassegna stili classici come il puntillismo, fino a raggiungere gli esperimenti più recenti con le percussioni di Lawrence Pike, quelli con i drone di Lea Bertucci o quelli sui micro-toni di Alexandra Spence.
L’iniziale “Unknown Memory” è un’elegia per percussioni minimali e rintocchi di pianoforte, un’ottima introduzione a ciò che seguirà, che subito, con 無 si muove tra rumori, clangori, fruscii in dialogo con silenzi strategici e eruzioni free-form di percussioni e corde di chitarra. Da qui si apre un bivio: da una parte alcune tracce più percussive, come “Threshold” e “Inverse Ontologies,” e dall’altra pezzi che si aprono a melodie e armonie classicheggianti, ma deostruite e ricostruite in un nuovo contesto. Spicca su tutte “Lila,” forse la traccia più accessibile, che inizia con un botta e risposta tra percussioni e chitarra e diventa quasi un pezzo jazz, tanto che sembra di sentire Jimmy Hall destrutturato in un quadro cubista. “Ode to the Dream” chiude un disco fortemente dinamico, minimale ma ricco, dove pochi elementi, a volte solo percussioni e chitarra acustica, creano l’illusione di un’intera orchestra, e dove nell’arco dei pochi minuti di una traccia si passa da linguaggi codificati della classica contemporanea a territori di ricerca delle avanguardie di oggi.