
«Oggi arrivano i barbari, che leggi devono fare i senatori? Quando verranno le faranno i barbari.” È Aspettando i barbari, poesia in cui Kavafis osserva che quando si stabilizza uno stato di inerzia e di staticità creativa si è pronti per lasciarsi invadere dai barbari. A ben vedere, anche ogni storia di ogni forma di arte può essere raccontata come una storia di barbarie e vandalismi. I Cubisti erano barbari che vandalizzavano l’aspettativa che un’opera d’arte dovesse somigliare a qualcosa di reale, ma barbari vandalizzatori erano anche gli astrattisti che consideravano i cubisti troppo moderati, e i fauvisti, Duchamps, Warhol, su su fino alla street art e installazioni provocatorie varie. E barbari vandalizzatori sono anche Joyce e Beckett, Webern, Shönberg e Cage, il rock, il punk che vandalizza il rock, metal e hardcore che vandalizzano il punk, la techno che vandalizza tutto, il post-rock che vandalizza le chitarre e via di vandalismi in vandalismi. Oggi c’è una nuova schiera di vandali che si muovono per barbarie morbide ma pur sempre barbarie. Uno di questi vandali sono i Monde UFO, collettivo losangelino formato da poco e già una delle realtà più interessanti di quello scorcio di California. Si formano attorno alla figura di Brian Bartus, attivo anche nei Bondo, che col nome di Ray Monde inizia a registrare da solo con una drum machine, una tastiera e un organo usato come basso. Successivamente inizia un sodalizio con Kris Chau, artista visuale che pur a digiuno di nozioni musicali provvede a suonare una campana tibetana microfonata e a cantare usando effetti per chitarra. Si fondono due mondi, due stili, due gusti, e nascono i Monde Ufo con l’idea iniziale di suonare come se Don Cherry facesse un disco con gli Yo La Tengo più scatenati e liberi. Fanno concerti nelle aree più improbaibli di Los Angeles, in posti come negozi per surfisti, consorzi agricoli e persino una festa del Ringraziamento a tema alieno, Esce un disco, 7171, un ep di cover dei Fugazi, e ora il più vicino all’exotica con attitudine punk e stravaganze bossanoviste di Vandalizes Statue to be Replaced with Shrine per la fiorentina Quindi Records, unica etichetta italiana a ambire a un catalogo e sonorità internazionali.
Quando mi è stato chiesto di trovare qualche precedente noto di quel che fanno, a parte Stereolab e, ancor meglio, Antena non sono riuscito a dare altri nomi. Forse i The Sea and the Cake, ma lì siamo in mondo molto più ordinato e omologato. Mi sono venuti però alcuni nomi di band che contemporaneamente e parallelamente ai Monde UFO fanno più o meno quello che stanno facendo i Monde Ufo. Morning [A] BLKstar, e soprattutto la loro costola me:you, i Pearl and the Oysters, Jean-Marie Mercimek, in modo più obliquo gli Smoke Bellow e Nightshift o anche i Fievel is Glauque. Segno che un po’ ovunque nei sottoboschi dove lussureggiano le musiche indipendenti si sta avvertendo una forse eccessiva tendenza a ripetere vecchi schemi in modo quasi automatico, fino a sterilizzare vecchi vandalismi in nuovi manierismi (vedi il post-punk delle ormai troppe band-avatar dei Fall). Come nella poesia di Kavafis, si aspettano i barbari perché non si sa più come fare a essere vitali. Si tratta quindi di ri-vandalizzare il vandalizzato, e il modo migliore è quello di rendere più liscio ciò che era stato reso abrasivo, frustrare e disattendere le aspettative di chi vuole le distorsioni canoniche, rivolgersi verso lounge, exotica, pop vintage, scompigliare le carte con intermezzi rumorisitici apollinei, con schizofrenie elettroniche o psichedeliche, con follie jazzate e folk stralunati. Vandalized Statue to Be Replaced with Shrine fa tutto questo. Lo fa a partire dal titolo, tratto da una storia vera, raccontata nel retro del disco e trasfigurata su “The Wood Behind St. Marthas”: negli anni ’90 una statua della Vergine Maria venne prima mutilata di una mano, e una settimana dopo decapitata. Si pensò da alcuni ragazzi dediti a qualche forma di satanismo che giusto qualche giorno prima avevano cercato di comprare una Bibbia Satanica nel negozio di reliquie religiose del posto. Al posto della statua sarebbe stata allestita una nicchia. Nel disco, oppportunamente meno psichedelico dell’esordio, più vicino alle tinte tenui della bossanova, ma anche alle randomizzazoni della Library music, i Monde UFO mostrano il loro contrasto tra qualcosa di prodotto e finito (la produzione è di Kevin K. Smith, già al lavoro con Jackson Browne) e un’approccio artigianale, improvvisato e lo-fi che dà a tutto un sapore genuino e sincero, tanto nelle scorribande rumoristiche di “instruments 1” e “Instruments 2,” quanto negli episodi più soffici come la vellutata “Garden of Agony,” l’aliena e quasi inquietante “Visions of Fatima,” i dettagli di “Air Quality” che quasi la trasportano in un limbo sospeso tra hip-hop, acid jazz, fino alla bossanova vandalizzata di “Clement and Reasoning” e la conclusiva “I’m so Tired,” cover dei Fugazi cantata dalla voce oltremondana di Kris Chau, un po’ antica e un po’ futuristica, tra la calma di Trish Keenan e le dissonanze educate di Ma Clément dei Fievel is Glauque. La calma è ristabilita. I vandali sono passati. “E adesso, senza barbari, cosa sarà di noi? Era una soluzione, quella gente.”