Il Guardian ha recentemente inserito il nome di Wendy Eisenberg tra i 30 artisti più interessanti per il 2021, scelti tra un ventaglio molto ampio di generi musicali, dall’ambient di Kmru all’hip-hop di Denise Chalia al rock degli Sweeping Promises all’elettronica di Wordcolour. Wendy Eisenberg però ha già un passato corposo, a partire dal pastiche post- e math-rock in salsa Deerhoof-iana dei Birthng Hips, suo primo gruppo e a continuare con una ben nutrita discografia solista, culminata l’anno scorso con lo splendido Auto, una sorta di memoir in musica che raccoglie un po’ tutti gli stili musicali che la pur giovanissima Wendy Eisenberg ha percorso, dal jazz vicino a Jimmy Hall al country-jazz di George Barnes, dalla bossanova rivisitata fino ai vari linguaggi dell’indie rock. Dopo aver in qualche modo fatto in conti con se stessa, ecco che torna al primo amore, l’indie-rock nervoso degli Editrix, terzetto basso-chitarra-batteria formato insieme al bassista Steve Cameron e al batterista Josh Daniels (batterista anche dei Landowner). 

Tell Me I’m Bad uscito per Exploding in Sound, riprende in una nuova versione tre dei quattro pezzi che gli Editrix avevano già pubblicato sull’ep Talk to Me di due anni fa e che già mostravano il talento di Wendy Eisenberg sia come chitarrista che come autrice di testi, sospeso e in perfetta tensione tra la tradizione college- e slacker-rock dai Pixies ai Pavement—scena ancora molto viva tra Boston e il natio Connecticut—e l’indie rock rinnovato del catalogo Exploding in Sound (Ovlov, Shady Bug, Kal Marks). 

L’ambigua “Instant,” scritta dopo il processo a Brett Kavanaugh, accusato di abusi sessuali, parte con un riff lezioso per esplodere in un attacco quasi heavy e subito ristabilizzarsi in una dinamica tra quiete rotta da batteria e un basso svogliato e eruzioni chitarristiche ai limiti della violenza. Escono appieno i talenti di Cameron e Daniels come sezione ritmica oltre che quello cristallino e eclettico di Eisenberg, eclettismo già visto nei suoi dischi solisti, e rimarcato anche qui. A una manciata di canzoni politiche, come “Chelsea” (sulle implicazioni politiche di Amazon e Whole Foods), “Torture” (sulle torture durante la guerra in Iraq) e “Sinner” (sugli effetti del capitalismo sull’ecosistema del pianeta), si alternano momenti di puro power-pop, come il “Thirst Trio” composto dalla veloce “She Wants to Go and Party,” il country-punk di “History of Dance” e la complessa “Chillwave” che mostra un gioco di citazioni musicali a incastro tra Chairlift, Blue Nile e Avril Lavigne (!).   

“Taste,” altro pezzo già contenuto nell’ep è una delle tracce che lega gli Editrix alla tradizione noise e slack di Pavement, Breeders e tutti gli altri eroi dell’indie anni novanta, mentre “Bad Breath”—un pezzo che Wendy Eisenberg ha scritto dopo essersi sorbita le chiacchiere e l’alito cattivo di un vicino di posto in aereo che ha cercato di convertirla al cristianesimo per tutto il volo—rappresenta forse la vena più irriverente e divertita del disco, cosa che in parte fa anche “Sound,” traccia che parla di incomunicabilità e lo fa nascondendo il testo dietro il bel basso pulsante di Steve Cameron e i contrappunti chitarristi di Eisenberg, bravissima anche a dosare i suoi assoli e a farli durare quel poco che basta. 

Se Auto era dichiaratemente un’autofiction in musica, Tell Me I’m Bad è una biografia della vita di Wendy Eisenberg come membro di un gruppo rock. Se Auto rappresenta in un certo senso il privato più intimo di Wendy Eisenberg, Tell Me I’m Bad fotografa e documenta il lato pubblico e collettivo che dialoga al meglio con la tradizione indie-rock degli anni novanta e degli anni zero, la centrifuga e la ricompone in dodici tracce che mostrano un’attitudine DIY quanto forme più squisitamente pop.