Prendi una delle più brave e interessanti musiciste sperimentali di Chicago, mettila accanto a una delle più interessanti musiciste ambient di Chicago e portale nell’etichetta discografica più coraggiosa e eccentrica di Chicago e quello che otterrai sarà uno dei dischi più belli dell’anno. 

Whitney Johnson (aka Matchess) e Natalie Chami (TALsound) si conoscono da una decina d’anni, hanno fatto diversi tour insieme, a volte “rubando la scena” a nomi come Mary Lattimore, hanno due visioni musicali se non simili almeno compatibili: una collaborazione era quanto di più ovvio e desiderabile potesse accadere. Vines è un disco che nasce da improvvisazioni, e a volte sembra quasi di sentire Johnson e Chami dialogare tra loro in musica, prima per tentativi di incastri e impasti (“Melted Reach”), poi, una volta trovata una lingua comune, per intrecci di strutture sonore (“Wrap the Sky”). 

Sebbene Vines possa sembrare il risultato di improvvisazioni, e che di fatto abbia momenti quasi di libera improvvisazione, è un disco fatto di tracce compiute: “Sunken Lupine” è forse il pezzo in cui l’elettronica sperimentale di Mathess si sposa al meglio con l’ambient di TALsound in una delicata ballata che in alcuni attimi tocca la quasi new age di Juliana Barwick. La lunga e bellissima “Under an Aster” inizia come un pezzo della prima Julia Holter (la migliore, quella dei cataloghi Leaving e RVNG) per aprirsi a sovrapposizioni di voci, synth e droni. 

Il tema comune, più che quello dell’improvvisazione, è quello dell’intreccio. E le quattro composizioni di Vines sembrano proprio tralci di viti che crescono dapprima in modo regolare, ordinato, quasi timido, per poi svilupparsi in un disegno complesso ma elegante di venature e infioriture. Non ti resta che lasciarti avvolgere da questi suoni. Sono così belli.