
Questo disco mi è piaciuto fin da subito, fin dai singoli che Ghostly ha iniziato a rilasciare appena ha reclutato qucikly, quickly nel suo vivaio, a partire da “Feel” a aprile e “Everyting is Different to Me” a giugno. Confesso che quando ho realizzato che Graham Jonson, aka quickly, quickly ha soli vent’anni non ho potuto fare a meno di pensare che io a vent’anni passavo il tempo a fumare erba, giocare alla playstation e seguire lezioni universitarie che faticavo a capire. Graham Jonson invece a vent’anni ha realizzato un piccolo gioiello di disco.
E non è solo una voce profonda, sicura, quasi baritonale che lo fa sembrare più maturo, ma anche una strabiliante disinvoltura a manipolare e rimodellare generi e stili musicali per adattarli alle sue esigenze. Una simile destrezza te la aspetti da qualcuno abbastanza navigato da avere quel tocco di nostalgia che crea il sapore del vintage, non certo da un ventenne. Graham Jonson con The Long and Short of It ha dimostrato di saper giocolare con soul, r’n’b, smooth-jazz, pop, di saper aggiungere quel tocco di psichedelia che non stanca e esalta il resto, di saper imparare a suonare quasi tutti gli strumenti da solo, e soprattutto di fare un disco che ti viene voglia di ascoltare da cima a fondo a ripetizione finché non ti esce fuori dal cervello.
The Long and Short of It in definitiva è una sorta di esame di maturità, e lo scopo dichiarato di Jonson era proprio di uscire dalla logica dei sample ammucchiati in un insieme di beat lo-fi da mettere in sottofondo, e ci è riuscito appieno. Ha preso i suoi primi mixtape (quickly quickly vol. 1 e Paths) e il suo primo ep (Over Skies), raccolte di beat dal sapore molto artigianale (e basti vederlo all’opera in una sorta di tutorial qui) e li ha trasformati in un memoir musicale, un’autobiografia sonora dove racconta le sue blande inquietudini, la sua avventura che da Portland lo ha portato a struggersi dietro una ragazza a Los Angeles e poi di nuovo a leccarsi le ferite a Portland, perché a LA cercava una ragazza ma ha finito per trovare se stesso.
C’è da dire che The Long and Short of It se da una parte è una ripartenza, un vero e proprio secondo esordio nella forma canzone, non perde il fascino del mixtape: undici tracce unite in un flusso narrativo continuo che iniziano con una preziosa introduzione a opera del poeta Sharif Simmons che su “Phases” offre una sigla iniziale e un indice di quello che accadrà, insieme a Micah Hummel, Elliot Cleverdon e Haily Naiswanger, unico apporto esterno in un disco che poi sarò tutto suonato, cantato, arrangiato e mixato da Graham Jonson che in quaranta minuti ti racconterà le sue speranze (“Come Visit Me”) e le sue gioie (“She”), il trauma della realtà che si intromette (“Leve It” e “I am Close to the River”), la perdita (“Feel”) e la riconquista di una rinnovata e più matura serenità (“Everything is Different to Me”), fino all’outro consolatorio di “Wy” e “Otto’s Dance.”
Con quickly, quickly Ghostly continua la sua falsariga di produzioni sospese tra beat e chill-out in chiave pop, da Galcher Lustwerk e Khotin a Brijean. The Long and Short of It è un disco che unisce due diverse e recenti incarnazioni dell’etica DIY — il bedroom pop e beat music — in un nuovo e compiuto formato cantautoriale, ma soprattutto è un disco che difficilmente ti stacchi dalla testa, e molto probabilmente finirai per canticchiare “This song is beginning to drive me crazy,” anche perché è esattamente quello che farà questo disco: ti farà impazzire.