
Non è dato sapere da dove Clive e Mark Ives abbiano derivato il nome del loro duo Woo, in un’intervista però Clive osserva come il nome possa avere un qualche valore onomatopeico, quel suono che emetti quando ti scontri con qualcosa di sconosciuto o non ben identificato ma in qualche modo piacevole. Insomma, Woo è quello che dici quando ascolti la musica degli Woo, definita in talmente tanti modi e derivata da procedimenti di lavoro quasi aleatori che veramente non può che provocare una certa meraviglia. E difatti gli Woo hanno un che di alieno. Conosciuti un successo inatteso e quasi warholiano nell’ormai lontano 1982 con l’esordio Whichever Way You Are Going, You Are Going Wrong e l’oblio semi silenzioso con il successivo e ben più ostico It’s Cosy Inside, Clive e Mark si sono trovati a passare anni di semi-clandestinità nei quali continuano a registrare più di quanto pubblicassero, fino a quando non sono stati ri-scoperti e ri-pubblicati, prima da Drag City, e negli ultimi anni dalla lungimirante e italianissima Quindi Records.
Paradise in Pimlico è la seconda release per Quindi, a un anno e mezzo di distanza dall’ep Arcturian Corridor, e segna un punto di arrivo e nuova svolta nel suono degli Woo. Se l’esordio era sostanzialmente un binomio tra elettronica e acustica con sfumature jazz, non molto lontano da quanto proposto lo stesso anno da Richard Cox su Sync or Swim dei The Same (disco ripubblicato l’anno scorso che, caso vuole, avrebbe dovuto essere il primo disco pubblicato dalla stessa Quindi), Paradise in Pimlico si ricollega più a It’s Cosy Inside e passa in rassegna tutta la grammatica dei linguaggi dell’elettronica più recente. La musica degli Woo è sempre stata oltremondana e atemporale, anticipa i tempi, ne inventa di nuovi e improbabili e si smarca da ogni contesto storico. Qui partono da un jazz spirituale futuribile nell’introduttiva “Let It All In,” decostruiscono e reinventano il motorik su “The Motorik Mirror,” dove di fatto ribaltano parti melodiche e ritmiche lasciando che siano le tastiere a creare loop ritmici, si avvicinano ai territori eterei di Sam Gendel e Carlos Niño su “Gold Star” e sulla title-track, reinventano la tradizione su “Moment to Moment” e simulano un free-jazz sbilenco su “Even More Notes.”
Paradise in Pimlico è un disco fatto di generi codificati che vengono disfatti e rifatti, contaminati, traditi e tradotti in quelle sonorità liquide e contaminate che oggi possiamo immaginare essere il suono di domani.